Ricercatore, consulente, imprenditore o studente a vita?

Ho conosciuto F. (per la sua privacy non svelerò il suo nome) durante un percorso di accelerazione per idee di impresa, o come si ama dire oggi start-up.

Ma la sua era veramente una idea di start-up? Perchè F. si era iscritto e aveva superato le selezioni del programma? Quanto matura era la sua idea?

Queste le domande che ad una prima lettura della sua idea, senza prima aver approfondito il suo profilo professionale, nè averlo incontrato di persona, mi ero iniziata a porre. Avrei avuto 40 ore con lui per dipanare queste domande e provare a supportarlo nel suo percorso che per me era prima di tutto personale e poi professionale, dal momento che ero chiamata in qualità di tutor e coach.

E dopo il primo incontro?….Travolta dal talento di F., 28 anni, musicista, laurea in marketing e comunicazione, specializzazioni in criminologia, Phd in Big Data Management, laureando in direzione sanitaria ad Harvard occupandosi di patient data management, professore universitario a contratto e sette anni di ricerca alle spalle nel perfezionare metodi previsionali di analisi per l’employability…non rimango sorpresa delle sue domande, per lui tanto disarmanti nel senso di sconfortanti, per me tanto legittime….

come posso mettere a valore i miei anni di ricerca?

come posso conciliare la mia attività di ricerca e il fare impesa?

Approfondendo queste domande ecco che F. rileva tutti i suoi dubbi nel dover scegliere o meno l’indossare diversi cappelli (imprenditore e/o ricercatore), nel navigare tra diverse classificazioni ed etichette di mestieri (start-upper, investitore, professore) e attività (di ricerca, di consulenza, di data analyst) e io mi domando, quanto ci soffermiamo a comprendere ed orientare chi come F. è vittima e al tempo stesso fruitore di un sistema che promuove a gran voce l’auto-imprenditorialità come una ‘forma di impresa’ più che come una competenza? Lo sforzo di orientamento che F. ha iniziato a fare su se stesso è partito da un pensiero che posso sintetizzare così:“avevo l’idea di essere un consulente, ma poi posso realizzare anche prodotti e quindi ho deciso di aprire una start-up”.

E’ stato quello con F. un percorso di consapevolezza dei valori da poter mettere in gioco di volta in volta e un esercizio continuo di creare rappresentazioni possibili e aprire orizzonti o chiuderli per permettere ad una mente estremamente duttile e creativa di focalizzare i suo sforzi per risultati nel giorno per giorno.

Un film che ha visto le sue scene principali di racconto del valore in primo luogo di una persona in questi fotogrammi…

12 lavori scientifici pubblicati sulle metodologie, 7 e + anni di ricerca riconosciuti da 3 premi internazionali, 5 occasioni in cui è stato presentato al pubblico il primo prototipo, frutto del metodo di sense-making applicato.

Una vocazione how-to-do per risolvere una infinità di problemi pratici come questi: puoi predire le vendite del mio e-commerce? Come miglioro le vendite sapendo che ho questi ricavi a scontrino? Come miglioro la mia produzione agricola usando dati dei sensori? Posso gestire meglio gli appuntamenti della mia clinica partendo dalle cartelle cliniche? Qual è il sentiment del mio mercato di riferimento? Puoi predire la customer journey per il prodotto che voglio immettere sul mercato? Puoi revisionare l’analisi dei dati che ho svolto? Puoi ricavare una metrica per il mio CRM? Puoi sviluppare un app tramite metodi che massimizzino la soddisfazione dei miei bisogni?

Diceva bene F. Fellini “[…] non esistono condizioni ideali per la realizzazione di un film, o
meglio: le condizioni sono sempre ideali, perché sono quelle che in definitiva ti hanno permesso di fare il film così come lo stai facendo; la malattia di un attore, che obbliga alla sua sostituzione, la scaltra testardaggine di un produttore, un incidente che arresta la lavorazione: non sono degli ostacoli, ma gli elementi stessi di cui il film viene via via componendosi. Ciò che è finisce sempre per prendere il sopravvento, per sostituirsi a ciò che avrebbe potuto o dovuto essere. Gli imprevisti non solo fanno parte del viaggio, ma sono il viaggio stesso. È indispensabile conservare una lucida disponibilità interiore. […]
Fedeltà assoluta a ciò che vuoi fare, certo, ma anche accettazione di quanto viene via via manifestandosi, perché spesso non è che la secrezione costante di ciò che vuoi fare”.

Scritto come augurio a F., perché continui il suo viaggio incontrando tanti altri attori che come lui possano ben destreggiarsi tra le immense competenze e potenzialità, scambiandosi i cappelli dei ruoli ma rimanendo coerenti e autentici nella loro idea di fare bene al mondo, sapendo che si, si rimane studenti a vita!

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